MONS. GIOVANNI RINALDI

Nato a Poggibonsi l'8 settembre 1920
Morto a Staggia il 29 gennaio 2014
Ordinato sacerdote il 25 marzo 1944
Parroco a Rencine dal 1946 al 1962
Parroco a Lilliano dal 1960 al 1972
Parroco a Staggia dal 1° ottobre 1972 al 29 gennaio 2014

Don Giovanni Rinaldi, nacque a Poggibonsi l’8 settembre 1920, la festa della nascita della Madonna, da babbo ferroviere e mamma casalinga. Il fratello minore morì sotto un bombardamento a Carrara nella seconda guerra mondiale. Fatta la prima di avviamento commerciale a Poggibonsi fece la vestizione nel santuario mariano del Romituzzo nell’ottobre del 1932. Poi entrò in seminario a Colle per i cinque anni del ginnasio. Fu presente ai due congressi Eucaristici organizzati dal Vescovo Mons. Niccoli. Il babbo fu trasferito a Carrara nel 1937. Durante le vacanze estive raggiungeva la famiglia a Carrara dove poteva allegramente andare la mattina in bicicletta e la sera a nuotare nel mare. Non mancava certo qualche escursione in montagna.
Poi iniziò il liceo a Firenze, trasferendosi poi per il secondo anno a Siena quando ci fu il tentativo di fare il seminario regionale, ma fallendo questa esperienza per incapacità dei superiori, tornò a fare la terza a Firenze. Finì la teologia a Firenze e poi dal 4° anno a Colle durante la guerra. In questo momento ci furono due bombardamenti: il 15 e il 16 febbraio 1944. Una volta scampò quasi miracolosamente alle schegge di una bomba.
Il 25 marzo 1944, festa dell'Annunciazione a Maria, fu ordinato nel santuario mariano di Pancole da Mons. Francesco Niccoli, Vescovo di Colle, con partecipazione di molti compresa la processione da San Gimignano. Al termine dell’ordinazione arrivò, a sorpresa, la mamma. Per non disturbarla per il viaggio, don Giovanni non aveva detto nulla a casa visti i tempi che correvano. Da Pancole il neo-sacerdote andò col calessino a Lilliano a “cantare” la prima Messa e la domenica successiva andò a celebrare anche a Carrara. Dopo tornò a Colle e andò in seminario che però era vuoto perché il rettore don Ostelio Pacini era pauroso ed era andato a Coneo per ripararsi dai bombardamenti. Le domeniche don Giovanni andava a celebrare la Messa a Coneo. Il 29 giugno trovò il seminario occupato dalle truppe tedesche. Andò impaurito a riferire l’accaduto al Vescovo Niccoli, ma lui era già stato informato. Venne allora a cenare coi tedeschi che furono educati e gentili, infatti avevano paura delle SS più degli italiani.
A Mensano don Giovanni trovò un cappellano tedesco che gli confidò che sarebbero andati via dopo otto giorni, cosa che poi avvenne esattamente. Tutto questo era fatto per ritardare il ritiro delle truppe tedesche in attesa degli americani.
Passato il fronte, cioè venuta l’occupazione americana, il Vescovo invia don Giovanni a dire la Messa, tutte le domeniche, a San Gimignano in una cappella poco fuori paese. Di lì fu mandato cappellano a Poggibonsi nell’estate del 1944. Nell’ottobre 1946 fu mandato parroco a Rencine. La frequenza alla Messa era bassa. Dopo un po’ di ostilità iniziale la gente iniziò ad apprezzare don Giovanni per lo stile sobrio e pacifico. Molto gradito era il suo impegno a fare il dopo-scuola ai ragazzi, infatti, usando le sue competenze di insegnante, raccoglieva i ragazzi dei dintorni e faceva fare i compiti di tutte le materie. Del resto in seminario andava a tenere lezioni di matematica. Una volta invitò dei frati a predicare nella sua parrocchia. La gente era incuriosita, ma non osava entrare in chiesa a causa dei preconcetti ideologici. Allora don Giovanni mise fuori della chiesa degli altoparlanti e tutti quelli dei dintorni poterono seguire le prediche dei frati.
Nel 1960 morì il parroco a Lilliano e allora fu data anche quella parrocchia a don Giovanni che si trasferì lì. Si accorse che il tetto della chiesa e della compagnia era pericolante e allora andò a celebrare la Messa nel frantoio col permesso del fattore. Per l’Immacolata il tetto era stato rifatto e si poté rientrare in chiesa. Poi franò il tetto della compagnia e fu rifatto anche quello e fu restaurato tutto con l’apporto manuale dei contadini. Fu fatto anche uno scavo per rifare l’impiantito. A Lilliano la gente partecipava alla Messa più di quanto non facesse a Rencine. Tra le attività di don Giovanni c’era anche il bar parrocchiale gestito direttamente da lui. C’erano a Lilliano diverse processioni: Corpus Domini, rogazioni, Madonna del rosario. Quando i contadini da mezzadri divennero operai agricoli, e cioè semplici dipendenti, le rogazioni non ci furono più perché non avevano più interesse diretto ai prodotti. A Lilliano don Giovanni fece fare una campana a ricordo del parroco precedente, don Tullio Pacini. Don Giovanni ha sempre considerato ottimi preti sia don Tullio, sia don Luigi di Castellina scalo, usciti dal seminario di Siena con rettore mons. Giorgi, zio di Vaselli Remo.
Nel 1970 morì il babbo a causa di una cancrena al piede. Due anni più tardi, nel 1972, il Vescovo Vallenc mandò don Giovanni a Staggia. Anche qui la popolazione era all’inizio diffidente, ma via via la diffidenza lasciò il posto al rispetto. Si può ricordare il rifacimento del piazzale, delle stanze della dottrina, del tetto e dell’impiantito nella Misericordia, l’aggiunta della quarta campana nel campanile, rimessa a posto la sacrestia, mobili compresi. Non si possono dimenticare poi le innumerevoli iniziative proposte: pellegrinaggi, gite, giochi per ragazzi, ecc. L’operazione al cuore subita nel marzo 1996 è stata superata da don Giovanni con coraggio e fiducia e gli ha permesso di continuare come sempre la sua attività. Quando i medici gli dissero che aveva bisogno di operarsi disse con semplicità: “bene, facciamo questa operazione; semmai lasciatemi andare a prendere il pigiama a casa!”. La mamma di don Giovanni è stata con lui fino alla morte avvenuta nel 1986 all’età di 89 anni.

Cosa dicono di lui

"Anche se lo conosco solo da qualche mese, cioè da quando il Vescovo mons. Antonio Buoncristiani mi ha mandato a Staggia a fare esperienza da diacono, posso affermare che don Giovanni è una persona squisita. Si può dire di lui che è un uomo e un prete riuscito. A livello umano ha sviluppato tutte le virtù che lo hanno fatto apprezzare negli anni alla popolazione che ha servito: pazienza, giustizia, temperanza, saggezza, preparazione intellettuale. In lui ho visto il modello (realizzato) di vero uomo. Poi la fede in Cristo e nella sua Chiesa fa di lui un modello di prete. Don Giovanni è evidentemente come Gesù che è venuto non per essere servito, ma per servire. Il suo animo di buon pastore lo fa essere attento ai veri bisogni della gente sia per la pronta amministrazione dei sacramenti, sia per la disponibilità a dare consigli, sia soprattutto per quanto riguarda l’annuncio catechetico (efficace) a tutte le età. Con la sua sapienza mi ha affidato alcuni ambiti con la fiducia del padre verso il figlio. Pur restando supervisore, mi ha lasciato quella libertà che mi ha permesso di agire in piena tranquillità e creatività ottenendo buoni risultati soprattutto nella pastorale giovanile. Infine devo ammettere che, ogni giorno che gli sto accanto, mi insegna con l’esempio il modo più giusto di affrontare i piccoli problemi quotidiani che si presentano in parrocchia, soprattutto quelli di un corretto approccio con la gente. Non potrò ringraziare Dio a sufficienza per avermi dato l’opportunità di fare le prime esperienze pastorali accanto ad un santo prete."
don Stefano Bimbi (10 giugno 2004)

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